Con il termine disabilità si definisce una qualsiasi limitazione o perdita della capacità di compiere un attività nel modo o nell'ampiezza considerati normali per un essere umano, sia sul piano fisico che su quello mentale.
La società odierna, come quella passata, tende quasi ad escludere coloro che hanno una disabilità. Ma la parola di Dio ci fa comprendere che Egli lavora attraverso chi sceglie.
Perché per alcuni la vita sembra più brutale e dura?
Il Signore ci ha creati con una capacità insita di reagire con forza alle avversità.
Esistono circostanze che determinano un cambiamento nel corso della nostra vita come una disabilità fisica o mentale.
Ci sono persone con disabilità dalla nascita e persone chi si trovano a fare i conti con malattie che si manifestano improvvisamente determinandone l'insorgenza.
Quando la disabilità irrompe nella nostra vita ci si trova impreparati di fronte a una situazione che richiede forza e coraggio!
Lo scoraggiamento è inevitabile, affrontare una malattia che comporta disabilità, soprattutto se permanente, coinvolge anche l'aspetto mentale e può provocare rabbia e frustrazione.
Gesù ci vede
Gesù non esclude nessuno! Ecco un esempio che troviamo nel vangelo di Giovanni capitolo 5: si riferiesce al paralitico di Betesda che da 38 anni viveva la sua disabilità.
Nell'attesa e nella speranza di trovare la soluzione alla sua malattia immergendosi nella vasca di Betesda, dove un angelo all'agitarsi dell'acqua guariva il primo che vi scendeva, Gesù lo vede.
In quel posto giacevano un gran numero di infermi, ma si accostò a lui più di un angelo, Gesù Cristo il figlio di Dio, che vide la sua sofferenza e il suo bisogno.
Alla domanda che Gesù gli pose: «Vuoi guarire?» L'infermo gli rispose: «Signore io non ho nessuno…» (Giov. 5:7) ed è così che spesso ci sentiamo, soli!
Nella sua infinita misericordia Lui ci viene incontro. Egli è con noi nella "fornace", non siamo mai soli anche se lo scoraggiamento sembra dominarci.
"Quando camminerai nel fuoco non sarai arso e la fiamma non ti consumerà." (Isaia 43:2)
Anche se il corpo è invalidato, Egli interviene nello spirito dell'uomo, perché Gesù ci conosce e sa che in noi c'è molto più di quanto pensiamo.
Se riflettiamo che siamo stati fatti a immagine di Dio, sappiamo che il Signore ci ha dotati ed equipaggiati della forza e del coraggio necessari per affrontare qualsiasi situazione avversa soprattutto se guidati e ripieni del suo Santo Spirito.
Con Gesù abbiamo la vita in noi grazie alla comunione intensa che la creatura ha col suo creatore e al sangue di Gesù che ci ha purificato da ogni peccato.
In seguito, nella parabola del paralitico, Gesù ritorna da lui per far sì che comprenda di aver ricevuto qualcosa di ancora più grande della guarigione fisica: la salvezza dell'anima sua, facendo di lui un peccatore perdonato!
Chi vive nella disabilità può e deve essere uno strumento nelle mani di Dio.
Mediante la salvezza il Signore ha posto in noi il sigillo del suo Santo Spirito e la disabilità diventa uno strumento nelle mani di Dio, poiché proprio nelle difficoltà, il cristiano manifesta i frutti dello Spirito.
Con la presenza del Signore nella nostra vita possiamo testimoniare, come dice il versetto in 2 Corinzi 12:19, «la mia grazia ti basta perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza».
La fede che ci viene trasmessa attraverso tante testimonianze ci dà la forza per continuare a credere e il coraggio di andare avanti.
Ho visto persone sorridere, guardare la vita con fiducia accettando la propria disabilità perché pur avendo degli impedimenti e delle limitazioni fisiche c’è sempre la forza di guardare avanti, e questo è un grande insegnamento.
Come sappiamo, Paolo chiese al Signore tre volte di essere guarito, ma gli venne negato perché la grazia di Dio si sarebbe manifestata malgrado la sua condizione e prigionia.
L’obiettivo di Paolo era quello di diffondere l’evangelo necessario per adempiere il mandato di Cristo.
Lui, come tanti cristiani, fu usato secondo i piani di Dio con i mezzi di cui disponeva dimostrando che la parola del Signore non conosce confini.
Egli vede oltre le nostre limitazioni, ciò che Lui vede in noi è prezioso agli occhi Suoi.
Se elevi un canto, una preghiera, se volgi una parola di incoraggiamento a chi è nella tua stessa condizione, non sarà altro che un bicchier d’acqua a chi è assetato, un balsamo sul cuore di chi ascolta.
L’amore di Dio non è basato sulle nostre prestazioni ma è nella fede che abbiamo nel suo amato figlio.
Custodiamo la “Verità” che ci ha resi liberi, che altri pur essendo in un corpo sano, non hanno.
Teniamo bene in mente che siamo stati salvati e scelti per annunciare in questo mondo la necessità di riconciliarci con Dio mediante il messaggio salvifico dell'evangelo.
Lui ha fatto di noi "pescatori di uomini" (Marco 1:17).
Se dunque ci troviamo in una corsia di un ospedale lì il Signore ci può usare per evangelizzare, portando speranza in un cuore con il lieto messaggio della salvezza.
Noi siamo canali di benedizione, non trascuriamo una così grande responsabilità, e i "talenti” che Dio ci ha dato moltiplicheranno!
Quindi, qualunque sia la nostra condizione, restiamo fermi senza vacillare, confidando in Colui che produce in noi "il volere e l'agire secondo il Suo disegno benevolo" (FILIPPESI 2:13).
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